Durmast: la solitudine, la luce, il suono digitale

 

Davvero interessante e ricco di spunti la visione che arriva dal nuovo disco di Davide Donati in arte Durmast. Si intitola “Alone”, come un richiamare la solitudine che io (in questi casi) associo sempre a quella dei numeri primi. Una solitudine che si fa portatrice di comprensione ed emancipazione, di conoscenza… e Durmast dipana tutto questo dentro matrici di suono digitale che sfidano la forma nella perfezione della sua pulizia… dentro le geometriche che richiamano la cultura wave post anni ’80… e poi l’acido che arriva dal “viaggio” inevitabile, matematico, imprevedibile e per niente ricco di soluzioni scontate. Un disco strumentale pulito e semplice dove il suono arriva dalle macchina e dall’uomo che alle macchine deve tanto.

Durmast… cosa significa?
Letteralmente "Rovere", è un legno molto resistente, la quercia di rovere può vivere fino a 500 anni, in più i "Della Rovere" erano la famiglia nobiliare che nel medioevo era sovrana di Senigallia (mia città natale). Insomma un nome che racchiude le mie origini, l'imponenza della musica che cerco di proporre e il cercare di miscelare una cosa "calda" come il legno con una "fredda" come l'elettronica.

“Alone” è il tuo personalissimo viaggio in solitudine. Il suono poi si compone di innumerevoli punti di deriva per tutti noi. Come pensi che venga codificato dal pubblico?
Credo che con un ascolto intero del disco si possa avere la chiara percezione di aver intrapreso un viaggio all'interno di se stessi, poi ovviamente  non c'è niente di oggettivo, sarà l'ascoltatore a prestare attenzione alle emozioni che ogni singola traccia riesce a far percepire spingendolo alla deriva ma anche in porti sicuri o almeno è quello che mi auguro.

Che poi mi affascina sempre saperlo: un brano strumentale che non ha parole o concetti esplicitati con evidenza, può venir interpretato in mille altri modi da chi ascolta… come ti poni rispetto a codifiche lontane da quella che tu gli hai dato?
Non c'è una regola fissa per codificare la mia musica, i testi nelle canzoni portano l'ascoltatore ad avere una visione chiara di quello che si vuole comunicare, con lo strumentale nel mio caso, non voglio porre limiti o etichette alla fantasia dell'ascoltatore, quindi sono molto aperto e curioso verso una lettura differente o addirittura contrapposta alla mia.

Il disco è accompagnato da numerose figure geometriche ma anche linee e astrazioni. In definitiva mi vien da pensare che per te la vera composizione passa per il “non detto” in qualche modo?
Assolutamente, la bellezza del non detto è che tutti possono interpretarlo a proprio piacimento.
Ho creato un recipiente fatto di pareti più o meno spesse con vari colori e sfumature, che l'ascoltatore può riempire con sensazioni ed emozioni, richiuderlo e custodirlo gelosamente oppure lanciarlo dalla finestra.

Domanda spirituale: quanta “matematica” c’è dietro il suono digitale di Durmast?
La matematica è la spina dorsale di tutto l'album e sorregge suoni massivi e potenti, ma è anche un punto di riferimento per fargli aleggiare intorno nebulose oniriche e fantasiose.
Come tutti sappiamo matematica e filosofia vanno a braccetto, in definitiva in "Alone" c'è tanta matematica quanto sentimento, tanta ragione quanta passione, non c'è una regola per la quale l'uno debba escludere per forza l'altro.

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