Marco Gray, l’intervista per il singolo “Non ti scordar mai di me”


Marco Gray debutta nel 2013 come artista del duo Marco e l’ape, formato con il pianista Emiliano Begni. Anni di emozioni in Italia, coronate dal singolo “La triste vita di Luigi”, con ottimo successo di pubblico grazie al video in versione cartone animato che diventò top trend su YouTube per svariate settimane.  Successivamente al trasferimento a Londra, Marco diventa solista, e in collaborazione con produzioni Inglesi, Italiane e di altri luoghi d’Europa, tra cui Belgio e Svizzera, esce con svariati singoli. Degni di nota, “Ten More Times”, con cui l’artista sbarca nella top 40 Uk. Il pezzo, di cui Marco è anche autore, riceve il premio come Best International Music Award e Best Uk International Songwriter Award al Festival Nazionale “UK Songwriting Music Contest”. La Critica Inglese definisce Marco la “versione Italiana di Sam Smith”. “Fammi Andare via”, singolo uscito durante la pandemia da covid, il cui videoclip debutta in anteprima su Sky Tv. “Il posto in cui ora sto”, pezzo di cui Marco è autore, che si classifica tra i finalisti del Roma Music Festival 2021.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Marco Gray in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “Non ti scordar mai di me”.

Come è avvenuto il tuo incontro con la musica?
Credo con il pianoforte di mia nonna, da bambino. Poi mio zio cantava al karaoke my way. Poi mi innamorai di un pianista, ed ero pazzo di lui e di come suonava. Non ho mai vissuto la musica come un gioco. A un certo punto mi sono ritrovato su un palco e un mio amico venne da me e mi disse, hai un dono. Poi me lo dissero altri. E così via. Tra salite, discese, amori, traslochi, sogni infranti, nuovi incontri.

Ci racconti le tappe più importanti del tuo percorso musicale? 
Il mio incontro con Emiliano Begni, con cui sviluppai il mio primo progetto musicala ovvero Marco e l’ape. Era il 2013 ed avevo tanta immaturità ma entusiasmo.
Poi il trasferimento a Londra. Il cambio di rotta. La distruzione di quello che ero e la scoperta di nuove cose. 
Poi il giorno che uscì la mia canzone ten more times, un mega progetto. Era il 2020, subito prima della pandemia. Una cosa che mi fece vincere il premio come miglior testo l festival del cantautorato britannico. 
Sicuramente, in maniera più intima, il grande cambio che sto subendo io e quindi la mia musica negli ultimi mesi. Un modo assolutamente nuovo in cui mi sto iniziando a esprimere. 

Qual è il tuo metodo di scrittura, se ne hai uno?
Penso, osservo e poi scrivo. Prima partivo dal testo, ora invece parto dalla melodia. Poi tutto cambia infinite volte. Prendo appunti sulle note del cellulare. Se me lo ricordo sono buoni appunti, se lo dimentico allora non valevano nulla.
Adesso do molto peso alla durata dei pezzi, alla concentrazione dei concetti.

Parliamo della tua nuova cover “Non ti scordar mai di me”: come mai hai scelto questo celebre brano di Giusy Ferreri? Cosa rappresenta per te questa canzone?
Giusy è un artista coraggiosa. Ha superato tanti pregiudizi e ha conquistato un posto nella musica ben preciso. È stata caparbia. Inoltre, con me l’unica volta che l’ho incontrata è stata davvero speciale. 
La canzone è una bomba. Il suo testo scritto da Casalino e ferro è davvero semplice fluido diretto ma significativo. Mi colpisce questa capacità di scrittura così diretta ma anche figurativa. 
Di sicuro la mia versione inizia a rappresentare questo momento di svolta musicale e di grande cambio che sto vivendo. È dura, acida, poco romantica. Penso sia una versione più maledetta, più inc..ata. Un po’ come me. 
Due aggettivi per descrivere il singolo.
Incazz..to. Giovane.

Cosa ne pensi della scena musicale attuale? Cosa salveresti e cosa cambieresti? 
Penso un sacco di brutte cose. 
Tutti si sentono artisti. In pochi lo sono. Quei pochi sono bravissimi ed è davvero difficile emergere, fare capire all’ascoltatore rincoglionito da tutta questa massa di musica tutta uguale. Chi ha talento e chi no. Stiamo facendo una musica globalizzata, ma nel senso peggiore del termine, al consumo, al macero, allo stream. Non si punta alla differenziazione dei generi, delle voci, degli strumenti, bensì alla omologazione a un prodotto uguale. 
È davvero incredibile. 
È tremendo per chi crede ancora nella musica, ed è pesante per i giovani e meno giovani che meriterebbero molto più spazio, molta più voce per fare sentire le differenze. 

Come vivi il rapporto con i Social Network. Pensi che la visibilità che offrono, al giorno d’oggi, questi mezzi di comunicazione sia più un bene o un male per la scena musicale?
Ma davvero inseguiamo l’algoritmo? Siamo diventati dei servi degli algoritmi. Pensa tu come siamo finiti. Con questo ti ho risposto alla domanda. Penso che sia allucinante ma è la realtà assurda che vivono i musicisti e i loro collaboratori oggi. Penso sia la morte del concetto musica.
Fanno credere alla gente che con un video di successo su YouTube si diventa dei cantanti famosi, sotto contratto con le più importanti major. Chi ci crede è idiota. Ma chi ti ci fa credere è diabolico.

Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
Sono in studio, anzi in tanti studi con tanta gente diversa che fa le cose in maniera diversa. Questo è stimolante. Stiamo procedendo su tante produzioni nuove. Spero a breve in uscita la prossima. 
Vado cauto, non amo svelare i progetti. Poi magari non succede nulla e ci resto male solo io. 

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