À Rebours: ritrovarsi dentro un indie-pop quasi progressivo

Decisamente numerosi gli appigli verso un drumming metal, verso linee vocali epiche e (non ultimo) verso dinamiche e forse che richiamano appena quel prog anni ’70. Ma siamo dentro il pop divenuto rock degli À Rebours, formazione pugliese che pubblicano questo terzo singolo dal titolo “Ritrovandoti” con un video ufficiale sempre firmato dalla regia di Davide Lupi. Che sia un altro brano portato a riva da questo tempo che viviamo, che sia un monito alla bellezza di ognuno, che sia un canto di speranza contro il perdersi quotidiano… comune a tantissimi. Un nuovo singolo che arriva oggi forse ad anticipare l’arrivo del loro primo disco ufficiale.

La prima grande domanda la rivolgo alla Panda. Perché questa simbologia che torna?
Questa scelta nasce dalla necessità di allontanarci dai classici canoni estetici e di avvicinarci a qualcosa di più accessibile, di nazional popolare. Ecco il perché della ricorrente Panda. 

Tra l’altro uno youtuber italiano ha portato una panda (giocattolo) in orbita… e la cosa mi sembra tanto collegata soprattutto nel video di “Evolvere”… sbaglio?
Sì, ne siamo a conoscenza e crediamo che questo tipo di collegamenti siano frutto di una estrema fantasia, dato che prima che ce lo segnalassero non eravamo a conoscenza del fatto. La scelta del mandare in orbita la Panda deriva da un piano ben preciso: capire l‘“evoluzione“ del percorso compiuto dopo “Méliès“. 

 
E poi Davide Lupi che torna… mi sarei atteso un terzo video sfacciatamente in linea con gli altri due ma invece avete cambiato direzione estetica. Perché?
Ad un occhio attento, la coerenza estetica sarebbe subito risultata evidente perché non c’è stato un cambio di rotta ma piuttosto un coerente processo evolutivo iniziato con “Méliès“ e finito con “Ritrovandoti“, come ogni trilogia che si rispetti. 

Veniamo al rock degli À Rebours: italiano o americano? Sicuramente indie nelle loro voci…
Identificarci in una direzione specifica è un po‘ troppo demodé, piuttosto, preferiamo pensare che il nostro indie rock sia una mescolanza delle nostre influenze musicali, senza una canonica definizione. 
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