Mariantonia Crupi presenta il romanzo “I limoni e la malvarosa”. Intervista


“I limoni e la malvarosa”
è il titolo, malinconico e suggestivo, un po’ gattopardo, un po’ alla ricerca del tempo perduto di un lungo viaggio di sentimenti e di memoria, di gratitudine, amicizia e solidarietà, di partenze, ritorni e solitudini, la Calabria lontana, voluta e sofferta, bella e passionale.
 
Abbiamo intervistato per voi la scrittrice Mariantonia Crupi. Ecco cosa ci ha raccontato.
 
Qual è stato il momento in cui si è accorta di aver sviluppato la passione per la scrittura?
Non un momento, ma un continuo flusso vitale.
Da bambina inventavo personaggi e dialoghi di improbabili gialli americani, spesso la mia maestra radunava le sue colleghe per leggere loro i miei temi, tra mille oh! di meraviglia, i professori mi incaricavano di scrivere la cronaca delle partite di calcio tra studenti.
Ho scritto sempre, per gli amici, per la scuola, per i circoli culturali, per giornali locali, volantini, manifesti, poesie.
Ho sempre vissuto la scrittura come un dettato dittatoriale, impositivo, come la lettura.
 
Quale scrittore o libro ha influenzato il suo lavoro di autrice?
Dalla mia infanzia due momenti salienti.
Vinsi, con le figurine comprate al tabacchino, " I figli del capitano Grant", a scuola, durante le ore di lettura e ascolto, leggevo a voce alta, per i miei compagni, il libro "Cuore".
Viaggiavo in paesi lontani, parlavo tante lingue, mi emozionavo fino alle lacrime leggendo " Dagli Appennini alle Ande"
Un magnifico inizio.
E poi, tanti autori, tanti libri.
Virginia Woolf, Marcel Proust, James Joyce, K. Mansfield, Jane Austen, Emily Dickinson, Salinger.
E tanti tanti altri, fortunatamente.
Perché la "vera casa dell'uomo è il mondo"
Alda Merini.
 
Quale tecnica usa per scrivere? Prepara uno schema iniziale, prende appunti, oppure scrive d'istinto?
Credo che la scrittura sia un insieme di istinto, riflessione, appunti, schemi.
Una sorta di lavorio dell'animo.
Per I limoni e la malvarosa avevo conservato, per anni, migliaia di appunti, quaderni, block notes, margini di libri, agende, persino scontrini dei supermercati.
Poi, ho messo tutto insieme, giorno per giorno, per un anno.
Scrivo sempre a mano, in grandi quaderni dal disordine indecifrabile, quaderni che poi conservo gelosamente, maestosamente infiocchettati.
 
È capitato anche a lei di avere il blocco dello scrittore?
Finora no, mai.
 
Com' è nato I limoni e la malvarosa? Era un romanzo cui pensava da molto tempo, o è nato per caso?
Era dentro di me da sempre, e ormai urgeva farlo nascere. 
È costruito sui racconti di mia mamma e di mia nonna e su tante storie vissute dalla nostra comunità di Acquaro, il mio paese, hinterland vibonese, il semplice quotidiano, ma anche le sofferenze, le partenze, gli addii, le perdite, gli amori perduti, il lavoro che accomuna, il cammino di tutto un popolo che chiede rispetto, in quella triste filosofia del non ritorno che è la sua storia.
 
Nuovi progetti per il futuro?
Tanti, spero.
Davvero tanti.
La scrittura è un viaggio augurale, una infinita catena di stupefacenti epifanie.
Grazie.
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